Il primo documento ufficiale riguardante Badia Ficarolo risale al 1064, ai tempi del grande abate benedettino Desiderio. Nel registro di Pietro Diacono si trova notizia della donazione fatta da un gruppo di devoti, secondo alcuni studiosi nobili locali in disaccordo con il clero aretino che cercano l’appoggio di un monastero potente anche se lontano, alla Abbazia di Montecassino della località Ficaiolo, con l’espresso desiderio di vedervi edificata una chiesa monastica in onore di S.Benedetto. Secondo alcuni sul posto si trovava già una piccola chiesa parrocchiale, ma la notizia non è certa e nel documento sopra citato non ne viene fatta menzione.
Un successivo documento del 1105, conservato anch’esso presso l’Abbazia di Montecassino, menziona la donazione di due chiese a Don Rolando, priore di Ficaiolo e prova dunque che a quel tempo l’abbazia era già stata realizzata ed era in attività.
Per quanto si può direttamente od indirettamente evincere da una serie di documenti relativi al periodo che va dal secolo XII al secolo XIV la Abbazia di Ficaiolo, pur non ospitando mai un numero elevato
di monaci, acquistò un suo prestigio, arrivando ad avere anche diverse dipendenze sparse nel comprensorio aretino. Sempre ribadito nei medesimi documenti è comunque il riconoscimento della autorità morale e della vigilanza della Casa Madre benedettina e riprova di questa mai discussa fedeltà è il fatto che tra le formelle della porta cosiddetta dell’abate Desiderio della basilica di Montecassino ve ne è una che ricorda appunto la nostra abbazia con la dicitura IN ARETIO S. BENEDICTUS IN FICAROLA.
Agli inizi del ‘300 in occasione della elezione del nuovo priore Francesco Albergotti la comunità dei monaci è però già ridotta a sole tre unità: questo fatto insieme con la frequente mancanza di annotazioni relative al pagamento delle tasse nei registri di quel periodo inducono a pensare che la abbazia abbia già iniziato la sua fase di decadenza.
Un atto del notaio aretino Astolfo Gualtieri datato 1431 conferma che l’abbazia è oramai abbandonata alla propria sorte: infatti, alla morte del priore Jacopo, un parroco aretino, tale Pietro Cecchi, si reca a Badia Ficarolo assieme al suddetto notaio e due testimoni per prenderne possesso. Dall’atto notarile redatto appunto in tale occasione si viene a sapere anche che la campana non è più al suo posto, ma adagiata sul pavimento dentro la chiesa. Il tentativo dell’intraprendente parroco va comunque a vuoto e viene nominato dal Papa un nuovo priore.
Poco dopo l’abbazia ed i suoi beni vengono dati in commenda e quindi nel 1498, ridotta oramai la chiesa ad un rudere, in enfiteusi ai canonici della Pieve di Arezzo. Questi ultimi agli inizi del Cinquecentoprocedono ad un restauro e nel resoconto di una visita pastorale del 1535 si legge che la chiesa è stata riedificata.
Non è dato sapere se a causa di lavori mal eseguiti o di qualche altro avvenimento esterno, ma già prima della fine del secolo la chiesa è nuovamente gravemente danneggiata. Rimane affidata ai canonici della Pieve di Arezzo sino agli inizi del ‘700, prima che l’unità poderale venga venduta agli Albergotti e quindi essere acquistata dalla famiglia Romani, attuale proprietaria.
Quello che rimane oggi della chiesa è una parte dell’abside, semicircolare all’interno e pentagonale all’esterno, e tracce dei muri perimetrali: non molto, ma a sufficienza per rievocare, in chi osservi, gli echi di antiche presenze.